Attenti a non sbagliare patria – XIV Dom. T.O.
In queste ultimi tempi, in Italia, stiamo assistendo ad un deciso ritorno del senso della patria. Di fronte ad alcune “minacce” (l’Europa, i migranti…) la nostra identità nazionale è tornata alla ribalta come qualcosa da difendere. Per carità, nulla di male nell’amare il proprio paese. Ma in quanto cristiani dovremmo anche fare attenzione a non sbagliare patria.
Nel Vangelo di oggi, Gesù torna nel proprio paese d’origine, dopo aver iniziato la sua missione. Ci aspetteremmo un trionfo, l’orgoglio di aver dato i natali ad una persona che stava diventando molto popolare con le sue parole e le guarigioni che compiva. Nella sua patria Gesù viene visto come un uomo qualunque. E rifiutatoE invece nulla di tutto questo: in Gesù i suoi compaesani vedono un uomo qualunque. Conoscono i suoi parenti, le sue origini, i suoi difetti… e lo rifiutano. Non credono che quell’uomo, del quale pensano di sapere già tutto, possa compiere qualcosa di buono nel nome di Dio.
È lo stesso destino dei profeti. Dio sceglie persone concrete per portare la sua parola in mezzo a noi. Persone fragili, certamente, ma che ci raggiungono molto più da vicino di come potrebbe fare il Signore. Uomini e donne che fanno i conti con la loro fragilità e la loro inadeguatezza (come Ezechiele e San Paolo), contando unicamente sulla promessa di Dio di servirsi di loro. Dai profeti di ieri e di oggi ci sentiamo sempre un po’ minacciatiE dai profeti di ieri e di oggi ci sentiamo sempre un po’ minacciati. Non vorremmo mai metterci in discussione, aprire gli occhi, cambiare modo di pensare e di comportarci. Ci sentiamo urtati dal loro invito a cambiare vita, perché convertirci non è una cosa spontanea.
Molti altri preferiscono coccolarci, lasciandoci anche sbagliare pur di sembrare buoni. Oppure mettono in noi paure infondate pur di essere acclamati come salvatori. Nulla di tutto questo in Gesù, ma l’ostinata volontà di salvarci, La benedetta fatica di ammorbidire e convertire il nostro cuoreanche quando questo significa metterci in guardia dalla chiusura in noi stessi. O in crisi per riconoscere i sussurri in cui spesso si nasconde la voce dell’avversario. Quando il nostro cuore si indurisce ci costa fatica riscaldarlo, ne faremmo volentieri a meno. Ma è una fatica benedetta, e quanto mai necessaria per vivere.
Nella patria di Gesù, oggi, vediamo tutto questo. La celebre frase “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria” ci mette in allerta dall’accontentarci di patrie troppo piccole, in cui diventa difficile riconoscere la voce del Signore. Non accontentiamoci di patrie troppo piccole, in cui diventa difficile riconoscere la voce del SignoreAl riguardo mi ha colpito, nei giorni scorsi, leggere di alcuni preti criticati da loro parrocchiani per aver predicato il Vangelo in quelle che dovrebbero essere le loro patrie, le comunità che servono.
Il Regno di Dio, al quale apparteniamo, supera ogni confine geografico, religioso e culturale. Le sue lingue ufficiali sono l’accoglienza e la misericordia, compiute nella verità. Questa è la vera patria di cui cerchiamo di far parte. Che non capiti anche a noi, come ai compaesani di Gesù, di averla a portata di mano e di lasciarcela sfuggire.

Luca Lunardon

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